Mia figlia ama la pubblicità.
Cresciuta negli anni 80 senza la televisione in casa, anche io a suo tempo l’ho amata follemente. Non ho mai condiviso le esclamazioni di impazienza degli altri quando i film venivano interrotti dagli spot. Anzi, spesso la preferivo ai programmi veri e propri. Se restavo sola con un telecomando, indulgevo in segreti zapping alla ricerca di un po’ di pubblicita’.
Allo stesso modo la mia bambina , abituata a vedere i cartoni sul molto più governabile PC, sembra pensare che le assurde, euforiche, variopinte bugie degli spot siano la parte migliore della TV .
Dopo un iniziale entusiasmo, abbiamo verificato insieme che anche i rotoloni Regina finiscono, eccome. Ora sa che si tratta di interessate esagerazioni . Eppure adora le affermazioni iperboliche degli spot, la loro chiassosa invadenza.
Una parte del fascino della pubblicità sta proprio qui: nel suo essere pura e sfrontata maleducazione. Se tutti convengono che scrivere sui muri è maleducato, perchè , previo esborso, le industrie possono colonizzarli per attirare la nostra attenzione ? Per strada, a casa, perfino in stazione con gli schermi TV…
Ma la pubblicità più subdola e pericolosa è quella che punta a venderci noi stessi attraverso un capo di abbigliamento, un accessorio, un automobile.
” Gli artisti hanno preparato per la pubblicità, senza saperlo, l’immagine perfetta dell’unità anima-corpo”(T.W.Adorno).
Ovvero: il lavoro dietro alle immagini di perfezione fisica punta direttamente, e forse ( ma non troppo forse) inconsapevolmente, a catturare il nostro inconscio, suggerendogli che la conquista dell’essere passi attraverso l’avere . La bellezza fisica diventa simbolo di equilibrio e di forza morale; l’individuo ricco di attributi esteriori coincide con quello interiormente compiuto, completo, felice.
Ma per essere se stessi occorre una forza molto diversa da quella del potere di acquisto.
Ho trovato una lettura interessante qui.