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Mio piccolo Mio

 

MioMinMio La scrittrice Astrid Lindgren è certamente molto più nota per Pippi Calzelunghe che per qualsiasi altra sua opera letteraria.  Tuttavia la scrittrice nordica vanta una produzione, ingiustamente trascurata,  ben più ampia e interessante e di maggior spessore formativo rispetto alla divertente,  dissacrante ma leggera storia di Pippi.
È da tempo che penso a recensire alcuni suoi libri, e voglio iniziare con “Mio piccolo Mio”, un libro bellissimo, facilmente reperibile a poco prezzo o nelle biblioteche per ragazzi, che non gode del posto d’onore che meriterebbe fra i classici dell’infanzia .
Il racconto si apre con quello che di primo acchito appare, stranamente,  come un finale : la fuga fantastica del bambino protagonista da una realtà di ordinaria tristezza , rischiarata da pochi volti e luoghi cari , che appaiono come tocchi di colore in un quadro grigio,  verso  un mondo allegorico  al di fuori dello spazio e dal tempo terrestri .  Il “Paese Lontano” non è un luogo geografico, nè immaginario, ma piuttosto la trasfigurazione del mondo reale. In esso i ricordi del bambino trovano un nuovo posto , e le persone da lui amate nella sua vita precedente diventano altri personaggi, noti e nuovi al tempo stesso.

Ma questa fuga  non è una fine, bensì  l’inizio di un percorso iniziatico e di redenzione,
attraverso il quale il bambino Mio si troverà ad affrontare e sconfiggere l’apparenza del male .

Mio scopre improvvisamente , da figlio di nessuno che era,  di essere figlio di Re . La figura del padre, mai conosciuto dall’orfanello , quindi ritrovato e da subito vissuto come profondissima,  autentica radice di ogni affetto e accettazione di sé, è simbolo dell’amore perfetto, assoluto, incondizionato .   Nel Re suo padre Mio si perde  subito , senza alcuna esitazione, e si ritrova con un profondo senso di appartenenza  ; viene in mente  C.S.Lewis , secondo il quale chiunque incontri Dio non dice mai: “Chi sei Tu?”, ma: “Eri Tu dunque, per tutto il tempo?”

E questo è un libro di profondo significato religioso, non certo in senso stretto, ma nel senso più vasto del termine;  la domanda che il piccolo eroe si pone più volte attraverso le sue vicissitudini: “Come ha potuto mio padre,che tanto mi ama, volere che io affrontassi questo? “ È in fondo la medesima , umanissima , antica domanda  dell’uomo che , messo di fronte al calice piu amaro, cerca di spiegarsi il  dolore al cospetto di Dio.
La figura del misterioso cavalier Kato, il nemico il cui cuore di pietra è una condanna , è un perfetto esempio di cattivo: dal latino captivus,  prigioniero del male . Tutto cio’ che lo circonda , incluse le sue guardie, brulicanti e numerose come formiche, è tanto spaventoso e insensatamente malvagio quanto effimero, e  si dissolve in un secondo in una memorabile scena che ricorda piu’ la liberazione al risveglio da un incubo che una vittoria sul nemico.

I temi della predestinazione e dell’arbitrio si intrecciano in una trama che a tratti richiama le mitologie nordiche e in generale ricalca la struttura tradizionale della fiaba, con la ciclica ripetizione delle circostanze e degli avvenimenti; come  le numerose minacce sventate attraverso eventi miracolosi, sottolineati sempre dalla stessa formula. Questa struttura lo rende adatto alla narrazione da parte dell’adulto , e puo’ essere proposto come ascolto dai 6-7 anni, mentre come lettura autonoma, poichè abbastanza impegnativo, è più indicato per i ragazzi dagli 8 anni in su.
Lo stile è semplice ma genuinamente poetico; il lessico ricco e  stimolante; la lettura scorrevole nonostante la presenza di numerose descrizioni.  Queste ultime riescono anzi straordinariamente evocative e favoriscono un ascolto contemplativo da parte del bambino.
È un libro che parla con la medesima forza al cuore di adulti e bambini , attraverso un racconto vivido narrato  in prima persona, in cui  la contemplazione della natura,  la forza della propria virtù, il valore dell’ amicizia e del puro amore si stagliano come stelle contro il cielo,  altrimenti così buio, della solitudine umana.
Nel lieto finale ritorna per il lettore adulto l’amarezza di una interpretazione che  “spieghi” razionalmente ciò che è accaduto al piccolo protagonista (per il mondo reale scomparso, o forse morto? ) ; inquietudine che però si stempera nella dolcezza del racconto. Essa  testimonia in modo indubitabile che persino sotto alla piu’ dura, crudele, triste, inesorabile superficie delle cose non c’è altro che Amore.spie