Negli ultimi anni in città fioriscono i negozi di giocattoli “naturali” in legno, stoffa, pelle, carta: giocattoli sostenibili, ecologici: giusti, insomma!
Perfino i marchi famosi si sono adeguati, ed hanno tirato fuori dal loro arsenale i giochi di una volta, da tempo fuori produzione, che fanno aprire il cuore (ed il portafogli) a noi ex bambini degli anni ’70 e ’80.
Questi bellissimi giocattoli rispondono al bisogno di rispetto dell’ambiente, alla voglia di ritornare alla semplicità, e questo è encomiabile. Ma da tempo sospetto che nel loro successo ci sia di piu’…
Gran parte del loro fascino, infatti, deriva dall’atmosfera che circonda le loro icone nell’immaginario collettivo. Essi sono il simbolo di un paradiso perduto, di cui la nostra generazione ha colto le ultime luci; paradiso che, disgraziatamente , non si recupera attraverso un semplice acquisto.
Siamo pieni di contraddizioni. A dispetto del nostro amore per la tecnologia, vogliamo per i nostri figli un’infanzia poco tecnologica. Viviamo nelle città, e sogniamo assieme a loro i giardini dell’Eden. Acquistiamo per loro decine di giochi che richiedono calma e pazienza, per poi scoprire troppo spesso che nelle frenetiche giornate del Nuovo Millennio-Anni ’10, mancano il tempo , e lo spazio, per sedersi a giocare.
Occorrono molti acquisti vani per realizzare una semplice verità: i nostri figli annoiati hanno bisogno che noi acquistiamo meno. Hanno bisogno di avere meno cose, per essere in grado di dare valore a quello che hanno. Invece noi siamo stati miopi: abbiamo creduto, rimpiazzando una montagna di plastica con una montagna di legno, di crescere dei bambini migliori, piu’ felici…
Abbiamo risolto il problema della qualita’, per non affrontare il problema della quantita’!
Che pasticcio. Ecco, abbiamo sbagliato ancora… Si puo’ ricominciare? Un’ umanità adolescente si interroga con vergogna, accorgendosi di non essere capace di amministrare le proprie risorse, di rinunciare a qualcosa.
No, ricominciare non si puo’. Possiamo riflettere sui nostri errori, e riprometterci saggezza.
Tre giocattoli a testa, una palla, un paio di giochi da tavolo, ma soprattutto uno spazio verde all’aria e al sole : un’infanzia felice non chiede di piu’.
I nostri figli hanno bisogno della natura, la natura ha bisogno di loro. Possiamo aiutarli a liberarsi da tutto il resto?
“Grazie a Dio si può tornare indietro.
Anzi, si deve tornare indietro.
Anche se occorre un coraggio che chi va avanti non conosce…”
(P.P. Pasolini sull’era del consumo, in uno dei suoi ultimi scritti).
Guarda, mi colpisce proprio quel che scrivi. Reduce da una visita, se pur breve, a “Fa’ la cosa giusta” (la Fiera che c’è stata lo scorso week-end a Milano) ho proprio iniziato ad interrogarmi su questo. Perché avrei comprato di tutto, davvero. Meno male che eravamo senza contanti…
A volte mi vien proprio da ringraziare (ancora di più, in questi giorni), Chi si è reso strumento della nostra salvezza. Perché io, nonostante gli sforzi, proprio non ce la faccio a “fare la cosa giusta!”.
Hai proprio ragione, Cristina! E’ cosi’ difficile domare la nostra natura vorace.
La “crisi” puo’ anche fare bene all’anima, percio’ benedetta la crisi…se è vissuta con lo spirito giusto ( che a te, a voi, non manca): sempre Pasolini diceva che “la povertà è santa , ma la miseria no”. Allora impariamo a vivere poveramente, senza diventare miserabili.
Ho letto da qualche parte che per vivere in modo sostenibile dovremmo ritornare allo stile di vita degli anni ’50: poche auto per la strada, pochi abiti per il lavoro e per la festa, dolciumi e giocattoli solo a Natale… Niente supermercati strapieni di gente e di merci, niente quintali di pomodori che vanno al macero “per non rovinare il mercato”, niente plastica da differenziare nei nostri rifiuti, e niente diossina nel latte della prima colazione.
Io ci metterei la firma, e voi?
Sottoscrivo tutto quello che hai detto: un post che ci fa riflettere tutti sul valore da attribuire alle cose… e alle persone!