Lo confesso, a noi tutti piace da morire la carne di agnello, ma quest’anno non la mangeremo.
Non sono mai stata, e non sono, una fan del vegetarianismo per motivi “etici”. Per sopravvivere dobbiamo cibarci di altri esseri viventi, che essi siano animali, o piante. Nemmeno la mucca è vegana, perchè insieme all’erba inghiotte decine di insetti…
Ma a tutto c’è un limite.
L’uccisione dell’animale ha sempre avuto, nella storia dell’uomo, un carattere sacro, simbolico e rituale. Ci si sedeva a tavola nella coscienza e nel ricordo della sopraffazione compiuta . Consumare la carne era un evento, e non era certo possibile, come invece lo è adesso, mangiare carne quotidianamente senza avere la minima consapevolezza del sacrificio che essa comporta.
Mangiare carne è un atto di violenza che si puo’ scegliere o meno, e per il quale ognuno risponde alla propria coscienza e secondo la propria sensibilità . Ma delegare e nascondere questa violenza, che da sempre fa parte della catena alimentare, dietro ad una facciata “pulita” come quella che ci offrono le confezioni comode e rassicuranti dei supermercati ci trasforma in in carnefici sereni, ipocritamente grati ad un provvido boia sconosciuto e lontano.
Quanti di noi sarebbero capaci di uccidere l’agnellino per cibarsene? Noi non lo saremmo. Ed in questa nostra moderna inettitudine sta l’unica ragione logica della piccola rinuncia che faremo quest’anno.
Ma a dire tutta la verità, non è (solo) una questione di etica, o di logica. A noi l’agnellino fa pena soprattutto perchè è un cucciolo, e come tutti i cuccioli ( inclusi, lo scrivo con in brivido, i nostri ) è ignaro e fiducioso. Non ce la sentiamo di tradirlo e di farlo scannare.
” Le coeur a ses raisons, que la raison ne connait pas. ” Chissà cosa ne penserebbero Giubilini e Minerva…?