io NON mi svezzo da solo

self - weaning

Siamo genitori Conservatori o Alternativi? Il pacchetto è “tutto compreso”, alla maniera recisa e rassicurante a cui decenni da “cittadini consumatori” ci hanno abituati.

Una volta scelto il package, pagato alla cassa, aperto ed indossato i vari gadget e studiato il libretto di istruzioni, siamo pronti ad abbracciare con serena ottusità tutte le proposte, nell’incrollabile fiducia che solo la coerenza-senza-coscienza puo’ offrirci.

Ed è cosi’ che molte madri si avviano con sicumera sull’affascinante, ma sdrucciolevole via dell’ AUTOSVEZZAMENTO.

Intendiamoci. Sono certa che per molti, per moltissimi il sistema funzioni alla grande, come testimoniano centinaia di pareri là fuori. Non intendo mettere in dubbio che il vostro infante di sette mesi mangi con voi le polpette ed i maccheroni, con gioia e con gusto. Eppure mi sento ormai  certa di poter asserire che non per tutti è cosi’.

Questa certezza non deriva solo dalla mia esperienza personale (che, lo ammetto, è’ statisticamente ben poca cosa) . Ho raccolto, nel corso degli ultimi due anni, varie testimonianze riottose,  confessioni sussurrate, ammissioni imbarazzate che mi hanno fatto comprendere come la questione svezzamento sia estremamente piu’ soggettiva e complessa di quanto si voglia credere.

Non sono pochi i bambini che, dopo un entusiasmo iniziale per il nuovo gioco, di mangiare si stufano, e decidono di lasciare al seno il compito di riempire il loro stomaco.  Ma quando un bambino di un anno e mezzo o due dipende principalmente dal seno per vivere, la vita emozionale e fisica della madre puo’ risentirne pesantemente.

Mi par già di sentire il sibilo delle frecce…mi affretto a dirlo: lo so,  è vero: l’allattamento, anche prolungato, a richiesta è cosa buona e giusta.  Ma vi sfido a svegliarvi cinque o sei volte per notte, a due anni dal parto,  per sfamare al seno un bimbetto che rifiuta ogni altro cibo.

Vi sfido a gettare via ogni giorno piattini e piattini di cibo nemmeno assaggiato, e a pranzare con il pargolo sulle ginocchia, che si serve da solo del suo alimento preferito: voi.  Vi sfido a smacchiare tutte le vostre t-shirt dalle ditate unte del suddetto, che ama mettere la mani nel piatto, ma non per mangiare.

Vi sfido a ritrovarvi con un bambino in età da asilo che , pur essendosi lasciato alle spalle il seno, non mangia che tre o quattro alimenti; che rifiuta di assaggiare alcunchè di nuovo; che predilige alimenti zuccherati, dolci come il latte materno che è stato per tutta la prima infanzia il suo favoloso compagno, insieme conforto e nutrimento.

Ecco, io penso di aver sbagliato ad abbracciare una teoria dimenticando di osservare la realtà dei fatti nella sua evoluzione quotidiana. Temo di aver temporeggiato troppo quando sono stata assalita dai primi dubbi.  Credo di essere stata superficiale e superba tutte le volte in cui ho riso di chi esprimeva perplessità,  tutte le volte in cui ho pensato che la chiave che avevo in tasca fosse adatta a qualsiasi serratura.

insomma, pur trovando molto antipatica la copertina del Time qui soprasono costretta ad ammettere che l’ostinata mamma in fotografia potrei essere io (anche se non altrettanto fotogenica, beninteso).

Troppo spesso si esce da un estremismo per entrare in un altro; la nostra adesione deve essere totale, oppure nulla.  Fra le pappe scondite e disgustose , preparate bollendo per un’ora intera una patata e una carota,  somministrate con cucchiaino tramite elaborati stratagemmi in pasti della durata di ore,  e la lasagna col ragù pacioccata con le mani, spalmata in testa ed ingerita ( accidentalmente o volontariamente) a brandelli  perchè “sperimentare è sano e giusto” ( sempre che abbiate non una, ma due colf)…ecco, fra questi due estremi c’è un mondo di possibilità che ci si apre davanti: esploriamolo!

Usare un po’ il cucchiaino, preparare un gustoso (e non scotto) passato di verdura apposta per il piccolo di casa, dargli da mangiare mezz’ora prima del pasto familiare per permettergli di esperire il cibo in tranquillità, tagliare il cibo in pezzettini piccolissimi, frullare una banana o una mela, non sono, non devono essere tabù.  La parola “tradizionale” non deve spaventarci.

Poi, naturalmente, va benissimo mettere il pupo a tavola e permettere che assaggi il nostro pasto, incoraggiare la sua scoperta autonoma del cibo, lasciare che sperimenti.  Ma questo non deve essere un paradigma tanto rigido da mettere in difficoltà le madri che non se la sentono di seguirlo alla lettera.

Come tutte le mode, anche quella dell’Autosvezzamento ha i suoi limiti. Riconosciamoli come tali….e forse molte mamme che adesso camminano rasente ai muri oseranno ammettere che si, qualche volta hanno dato la pastina in brodo al loro bebè leggendogli un libretto.

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