Un bambino in tasca

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Guest Post di Cristina da “SonoTuttiMiei

Avevo da poco partorito la mia quinta figlia. Cercavo sul web un supporto per portare che fosse più “fresco” della mia Tricot Slen (fascia lunga elastica, che avevo trovato ottima per il neonato, ma decisamente troppo calda per l’estate – e nemmeno adatta ad una bimba in crescita, o a sua sorella di due anni – ma questo allora non lo sapevo). 

Senza nessuna conoscenza specifica, e senza nessuno con cui confrontarmi (avevo visto una mia vicina di casa portare la figlia, ma lei non aveva grande interesse per i vari supporti, aveva una Didymos lunga lunga che portava con molti nodi per accorciarla un po’), quando mi sono imbattuta in questa frase “un bambino in tasca”, mi sono incuriosita e fermata. Tra tutto quello che avevo trovato sul web, finalmente incontravo una mamma, una persona “vera”. Così mi sono azzardata a scriverle, raccontandole la nostra storia di famiglia numerosa, sperando magari di strapparle pure uno sconticino. È così che entrato il primo Gradipo in casa mia: da allora avrei imparato a conoscere anche la sua “mamma” Candida – Anilina – che ovviamente non solo mi ha fatto lo sconto, ma mi ha aiutata a scegliere modello e tessuto, ha “ascoltato” virtualmente i miei racconti delle prime esperienze con la sua pouch, e nel tempo è diventata, posso proprio dirlo, una delle mie più care amiche. 

Da allora la famiglia è cresciuta ancora, sia quella biologica (a ottobre siamo stati benedetti con la nascita del sesto figlio), sia la famiglia delle fasce: i Gradipi sono diventati due, poi tre, è arrivato un mei-tai (la Tricot Slen prestata ad una amica ha fatto purtroppo una brutta fine), è arrivata in regalo da Candida una nuova fascia semi-elastica (in un incrocio virtuale e virtuoso di amicizia con Glores), poi due “rigide”, una ad anelli, che se ne è andata velocemente quasi quanto è arrivata (non fa proprio per me), e la nostra storia di “portatrice” e “portati” continua, con entusiasmo.

Nel tempo sono cresciute le informazioni, ho incontrato, almeno virtualmente, tante altre mamme che portano, ho letto blog, conosciuto mamme che producono, frequentato gruppi su Facebook e letto blog. Il mese scorso ho persino fatto lo “sforzo” di comprare il libro di Ester Weber “Portare i piccoli” (credevo erroneamente che fosse un testo utile solo a chi porta con la fascia lunga, invece la parte meno “tecnica” è proprio quella che mi ha attratta di più). Parole come “cross twill”, “double hammock”, “rucksack” sono diventate familiari, a me e alla mia famiglia che mi sente sproloquiare e soprattutto mi vede portare con gioia l’ultimo arrivato. 

Posso dire che l’esperienza di mettere un figlio “in tasca”, pancia a pancia, sul fianco, sulla schiena, ha arricchito me, la mia famiglia, e i miei figli… e siccome ho il vizio di filosofeggiare, devo dire che (anche e purtroppo in seguito ad alcune polemiche scatenate sul web) ho iniziato a darmi le ragioni, anche formalmente, di tutta questa passione per una pratica tanto antica quanto, nella nostra cultura, nuova e da riscoprire. 

Portare i miei figli è iniziato con le mie braccia, prima di scoprire i supporti: proprio per questo ho notato subito quel pezzo di stoffa colorata che sosteneva la figlia della mia vicina, e ho iniziato a cercare qualcosa di analogo per me (lei lo aveva ricevuto in regalo e non sapeva darmi indicazioni!).

Io credo che nell’esperienza del portare una mamma ed un bambino possano sperimentare un modo “vero” di stare insieme: un luogo di riconoscimento, di scambio, di appartenenza. Ringrazio di avere avuto la possibilità di conoscere e sperimentare questo luogo, grazie alla passione che Candida mette nel suo lavoro, il suo essere anzitutto mamma, e amica.

In questo particolare momento della nostra vita, io e il mio piccolino stiamo scoprendo la fascia lunga, sto sperimentando tessuti e legature, il portare mi fa sentire anche più femminile (in un momento della vita, quella alle prese con un neonato, in cui noi mamme veniamo sempre dipinte come spettinate – e questo per me è vero sempre! – sciatte e con le occhiaie e i vestiti sporchi di rigurgito). Ho persino un Gradipo coordinato al cappello (che nasconde il problema capelli spettinati!). 

Portare costituisce poi uno spazio sacro per me e il mio bambino, me ne accorgo quando siamo in giro, e lui curioso si guarda intorno – ha ora sei mesi – ma quando inizia la stanchezza affonda il volto sul mio petto, e si trova sicuro e pronto al riposo. Quando lo porto sulla schiena mi rendo conto che davvero l’educazione prima che insegnare “come” fare, è un fare “con”, fare insieme: mio figlio segue i miei gesti, li fa insieme a me, come quando era dentro di me, ma in un “passo” successivo della sua crescita, mentre inizia ad avere consapevolezza del mondo fuori di lui. 

Io amo i miei supporti, sono proprio il tramite “fisico” di questo rapporto, il simbolo del legame e insieme del distacco tra me e il mio bambino (la fascia ci “lega”, ma ne abbiamo bisogno perché abbiamo già vissuto una separazione, in una storia di lento distacco che porterà lui alla pienezza del proprio riconoscimento, in rapporto con me – anzitutto – e con il resto della realtà). Quando ho prestato il mio primo Gradipo non vedevo l’ora che tornasse, e ora non lo presterei più (mi sono affezionata meno al secondo, che ho usato per poco tempo, ora presterei quello!). Sono grata a Candida che me l’ha cucito con amore, e alle altre mamme che ho incontrato in questa avventura, che mi hanno suggerito tipi diversi di supporti, varie legature, mi hanno raccontato la loro esperienza, condiviso le loro scoperte. Sono contenta di avere ancora un po’ di tempo davanti (e invidiosa delle giovani neo-mamme, che pensano già al prossimo cucciolo da portare, quando io ormai sono in dirittura d’arrivo). 

La manina del mio cucciolo che spunta dalla fascia, a pochi giorni dalla sua nascita, oppure i suoi occhietti curiosi che si guardano intorno dal suo rifugio caldo: quando penso al portare ho queste immagini nella mia mente (oltre alle decine di splendidi tessuti, colori e fantasie che mi piacerebbe sperimentare…)

Sono immagini di grande bellezza, la bellezza di un bambino stretto al seno di sua madre…

 

3 thoughts on “Un bambino in tasca

  1. erica

    ed io dovrei ringraziare Cristina, perchè è grazie ad un post letto sul suo blog se sono arrivata al gradipo anch’io 🙂

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  2. jek

    bellissimo!!! io ho iniziato a portare (anche se non ho un gradipo) per puro istinto. solo con il tempo (e il progressivo numero di figli) ho cominciato a capire perchè l’istinto mi aveva spinto a portare. e da allora lo faccio con più consapevolezza e desiderio e sempre in maggiori situazioni. Questa consapevolezza ha arricchito il mio modo di stare con i figli mi ha permesso di godere sempre più a pieno delle emozioni che mi trasmette l’averli addosso.

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