Recentemente ho comprato due (comunissimi) indumenti nuovi dopo 12 mesi in cui non avevo fatto un solo acquisto di abbigliamento.
Comprare è un gesto banale che però, se praticato con parsimonia, acquista significato! Puo’ essere veramente una piccola e pulitissima gioia del cuore, e farci grati e contenti come bambini.
Troppo spesso predichiamo bene e razzoliamo male: condanniamo il consumismo nelle chiacchiere da salotto, ma non sappiamo ritornare, nella pratica, ad uno stile di vita sostenibile (che, secondo interessanti proiezioni, è quello degli anni ’50 prima del boom economico: con la bottiglia vuoto a rendere, il dolce alla domenica e gli abiti – sartoriali, robusti e durevoli – acquisti rari e dispendiosi)
Oggi anche per le le famiglie modeste non portare a casa merci ogni giorno è diventato difficile; eppure, davvero, “less is more” : la quantità ci deruba della qualità delle esperienze .
Questa iniziativa molto interessante puo’ guidare i piu’ pigri attraverso una esperienza di ragionevole privazione e restituirci al contatto genuino con pochi, rispettati oggetti. Si tratta di una sfida: siamo capaci di tenere nel cassetto, e di indossare, soltanto sei capi di abbigliamento, per sei settimane?
Un piccolo esperimento come questo puo’ davvero insegnarci molto su noi stessi.
Oh come mi trovo in sintonia con questo post! Stavo facendo una riflessione simile proprio in questi giorni. Con la nuova gravidanza inaspettata mi sono trovata con uno scarso numero di vestiti per il pancione, che però mi bastano e avanzano e hanno pure semplificato le attività di lavanderia. Con meno disponibilità di anni passati mi sono trovata a fare acquisti per Santa Lucia con molta più parsimonia, e alla fine sono soddisfattissima del “poco ma buono”. E anche nella spesa alimentare, una notevole attenzione in quel che spendevamo ci ha portati, alla fine, a mangiar molto meglio. Perché abbiamo messo in moto le abilità e la fantasia, e invece di accontentarci della solita routine abbiamo sperimentato un sacco di varianti di alcuni ingredienti base molto poco costosi ma decisamente sostanziosi e sufficienti a soddisfare sia stomaco che papille gustative.
Ci vuole uno sforzo per sottrarsi al “bombardamento” e all’abitudine all’acquisto (mi sono accorta che spessissimo compravamo per comprare, e non per “avere”), ed eliminare l’antenna televisiva (dovendone però purtroppo continuare a pagare il canone, sig!) è stato un aiuto decisivo. Anche i desideri dei bambini si fanno più “concreti”: un letto per la bambola, un vestito rosso con la gonna che gira, il libro appena uscito e da tanto atteso… Senza dipendere dal personaggio televisivo di moda o dal tipo di giocattolo più sponsorizzato.
Quelli mi verranno portati come “desideri di ritorno”, dopo che a scuola si saranno confrontati con gli amichetti per i regali ricevuti (ma non dimenticherò mai la bambina venuta a casa mia con l’ultimissimo modello di game boy o simili, che dopo un pomeriggio passato coi miei bambini è tornata a casa con in regalo un paio di trampoli in legno – ne avevamo ricevuti tre paia da Gesù Bambino – come un tesoro prezioso. Non solo il suo giocattolo aveva generato desiderio nei miei, ma avevano pure voluto condividere la bellezza che avevano visto loro in quel che avevano ricevuto. Ed erano grati e soddisfatti quando lei se ne è andata felice coi suoi trampoli).
Per fortuna poi, nei mesi che passano da una Santa Lucia all’altra, si dimenticano (come tutti) del giocattolo di moda l’anno precedente, ed emergono nuovamente i loro desideri “reali”.
Grazie Candida!